Sebbene ci siano irriducibili con la logora bandiera in mano dell'”andrà tutto bene”, non sta andando affatto tutto bene, e da nessun punto di vista. Almeno non per tutti, ma tolti i pochi che stanno facendo bagni di consenso e affari d’oro, possiamo tranquillamente presumere che la situazione sia generalizzata.
Da una nostra recente ricerca, è emerso che sono in moltissimi ad essere preoccupati per la situazione economica, politica e ambientale nazionale e internazionale, e a non nutrire piena fiducia nei media. Soprattutto, a non farci dormire di notte è la preoccupazione per le generazioni future.
In un momento così difficile occorre riflettere su come darci una mano a vicenda, con le nostre forze e con quelle di chi ci è prossimo: familiari, amici, organizzazioni locali, reti informali. Questo articolo è dedicato a chi in questo momento non ha un lavoro, o a chi lo ha perso.
È noto che la disoccupazione, soprattutto se di lunga durata, ha conseguenze importanti per la salute fisica e mentale dei disoccupati, e che tale condizione sia rafforzata dalle crisi macroeconomiche. Pertanto la disoccupazione elevata e continua, come quella a cui stiamo assistendo ora, dovrebbe rappresentare una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica.
Un recente studio (1) ha esplorato l’associazione tra la disoccupazione, che si è verificata a seguito dell’epidemia di coronavirus, e il disagio psicologico tra i giovani (20-35 anni di età).
Il disagio psicologico è definito dal dizionario di psicologia dell’American Psychological Association come “un insieme di sintomi mentali e fisici dolorosi che sono associati a normali fluttuazioni dell’umore nella maggior parte delle persone”.
Esistono diversi fattori di innesco di tale disagio per chi cerca lavoro:
- la confusione del momento
- la difficoltà a collocarsi in un mercato del lavoro in rapido mutamento
- il non riuscire ad accedere a risorse per poterlo fare
- l’assenza di orientamento
- il circolo vizioso innescato dalla disoccupazione-malessere
Come si manifesta questo disagio? I disoccupati mostrano più angoscia rispetto a coloro che sono occupati, come misurato da vari indicatori di benessere psicologico, tra cui sintomi misti di angoscia, depressione, ansia, sintomi psicosomatici, mancanza di benessere soggettivo, bassa autostima e bassa soddisfazione di vita. Inoltre, i disoccupati di lunga durata portano un carico di malattia mentale notevolmente più elevato rispetto agli individui occupati e a coloro che sono disoccupati solo per un breve periodo, e il peso della malattia aumenta con la durata della disoccupazione.
Le funzioni dell’occupazione

È ovvio che la disoccupazione sia la causa principale della mancanza di risorse, di opportunità limitate e di diminuzione della propria autostima, oltre a rappresentare un limite all’accesso a privilegi e sicurezza. Tuttavia queste non sono le uniche perdite che la condizione comporta: ad esse dobbiamo aggiungere quella dei legami sociali e della relazione con gli altri, ed è per questo che la disoccupazione aumenta il rischio di problemi di salute mentale.
La letteratura indica infatti che l’occupazione serve sia funzioni manifeste che latenti. La funzione manifesta o voluta è guadagnarsi da vivere, mentre le funzioni latenti o non intenzionali includono la definizione dell’identità e il collegamento con importanti istituzioni e associazioni sociali. Di conseguenza, ci sono costi psicologici della disoccupazione, inclusa la potenziale perdita di significato nella vita, il deterioramento dell’identità personale e la perdita dell’autostima che si trae tipicamente dal proprio lavoro.
La disoccupazione è quindi stressante perché comporta la perdita di tutti questi tipi di benefici. Tuttavia, l’entità della disoccupazione sulla propria salute potrebbe dipendere anche da fattori di stress contestuali che si verificano a macro livelli della realtà sociale in cui l’individuo è inserito. Un fattore di stress a livello generale e ben documentato comprende recessione, crisi economica e alta disoccupazione, proprio lo scenario che si è verificato in seguito alla pandemia Covid-19.
Tuttavia, varie risorse sociali e personali potrebbero agire come fattori protettivi tamponando gli effetti del fattore di stress (disoccupazione) sui sintomi di angoscia. Vediamo quali sono.
I fattori di rischio e le risorse psicologiche
Uno dei principali fattori di rischio nella condizione dell’inoccupato è la solitudine. La solitudine è definita come una sensazione soggettiva spiacevole dovuta ad una percepita mancanza di connessione con gli altri e che potrebbe essere il risultato di una riduzione della qualità o della quantità delle connessioni sociali di un individuo. La solitudine è stata considerata un importante fattore di rischio per la salute mentale di persone di tutte le età e la sua associazione con il disagio psichico è ben documentata.
Sulla scia dell’emergenza e della grave limitazione delle attività sociali delle persone, ci aspettiamo un grosso divario tra il desiderio delle persone di relazione e le loro effettive interazioni sociali. In effetti è proprio così, e la disoccupazione aumenta tale divario facendo terra bruciata sul senso di appartenenza e sostegno che un’attività lavorativa quotidiana può mantenere.
Quali risorse per chi non ha un lavoro in questo momento? La situazione non è per nulla semplice. Dalla letteratura scientifica emerge l’importanza del senso di coerenza, ovvero della percezione che gli eventi siano sotto il proprio controllo personale piuttosto che sotto il controllo di forze esterne. Gli individui con un alto senso di coerenza credono nel loro potere di influenzare l’ambiente e ottenere i risultati desiderati. La padronanza è associata a strategie di coping cognitivo, che consistono in sforzi mentali per alterare la propria percezione delle richieste stressanti in modo che sembrino meno minacciose. Ma questa, ahimè, data la natura e la gestione dell’emergenza, non può di fatto dirsi una risorsa coltivabile in questo momento per la maggior parte delle persone.
Un’altra risorsa, ben documentata in passato, è l’ottimismo, definito come un costrutto della personalità caratterizzato da una tendenza generalizzata ad aspettarsi risultati positivi, o la convinzione che “cose buone in contrapposizione a cose cattive accadranno in generale nella propria vita”. Una delle implicazioni più importanti di questa prospettiva positiva è che gli ottimisti affrontano meglio i periodi di stress. Ma anche in questo caso, tale propensione appare fortemente minata dalla gestione dell’emergenza nel nostro Paese.
Dunque cosa fare?

Conformemente agli obiettivi di sviluppo sostenibile formulati dall’ONU (2) per promuovere la salute mentale attraverso la prevenzione e il trattamento, le risposte del governo dovrebbero essere mirate agli effetti emotivi di questa pandemia. Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto sviluppando ed estendendo adeguati servizi pubblici e sovvenzionati, come consulenza gratuita, gruppi di supporto e call center per fornire assistenza per la salute mentale e indirizzare i richiedenti ai servizi di comunità disponibili quando necessario. Uno degli obiettivi principali di tali interventi, come indicato in precedenza, dovrebbe essere quello di
alleviare la solitudine.
Consideriamo inoltre che il rapido monitoraggio della formazione professionale e dell’acquisizione di competenze in aree che si sono mantenute stabili o addirittura rafforzate durante la crisi può essere un percorso efficace. Il circolo vizioso della disoccupazione e della cattiva salute può essere interrotto solo dagli effetti combinati dell’assistenza sanitaria disponibile, delle misure speciali di promozione della salute tra i disoccupati e degli interventi pubblici volti ad alleviare il disagio economico. Tutti e tre sono necessari ora per aiutare i giovani adulti a gestire questa crisi sia finanziariamente che mentalmente. Ecco allora risultare un’efficace strategia di fronteggiamento
la formazione e l’acquisizione di nuove competenze.
Come previsto la solitudine, inclusa un’esacerbazione della sensazione soggettiva di solitudine durante la pandemia, è stata associata a un maggiore disagio psicologico. Il blocco mondiale e le restrizioni imposte alle interazioni sociali e alle riunioni con altri sulla scia della pandemia hanno aumentato e rafforzato la sensazione di solitudine, in particolare tra i giovani adulti, causando danni alla loro salute mentale. I ricercatori hanno scoperto infatti che, tra i disoccupati, le segnalazioni di solitudine esacerbata a seguito della pandemia erano più alte che tra coloro che hanno continuato a lavorare, esponendoli a un rischio maggiore di compromissione della salute mentale. Questo risultato era probabilmente dovuto ad altre perdite associate alla disoccupazione, come la perdita del senso di appartenenza, delle interazioni sociali legate al lavoro e del supporto che queste interazioni forniscono. Ecco allora un altro monito:
non isolarsi.
Chi è disoccupato faccia in modo da non perdere le connessioni con gli altri, con i servizi. Chieda e chieda ancora. Occorre informarsi, bussare alle porte, coinvolgersi in progetti, richieste di sostegno e solidarietà. Ognuno ne ha diritto e non bisogna provare alcuna vergogna nel chiedere. La vergogna dovrebbe appartenere a chi pretende, impoverisce risorse ed animi, senza dare nulla in cambio.
E se siamo noi ad avere un lavoro e conosciamo qualcuno che ne è privo, diamo aiuto e sostegno pratico.
La distanza interpersonale non prevede di dimenticarsi della propria responsabilità civile e morale.
Sperimentare la disoccupazione nel contesto di un macro evento come il Covid-19, che è associato a fattori di stress contestuali aggiuntivi come la grave crisi economica e l’incertezza, mina il possibile ruolo di moderazione delle risorse psicologiche. In altre parole, le risorse personali, che normalmente possono servire a moderare l’effetto negativo della disoccupazione sul disagio psicologico, non sono sufficienti per affrontare lo stress associato a quella che dovrebbe essere la disoccupazione di lunga durata. Abbiamo bisogno di aiuto reciproco: chi può dia, che non può prenda.
Sulla scia della pandemia e delle condizioni del mercato del lavoro ad essa associate, spesso i giovani disoccupati non hanno potuto guadagnare risorse (cioè trovare nuovi posti di lavoro) dopo aver investito le risorse che avevano a disposizione.
Può quindi essere che per i giovani che hanno vissuto la disoccupazione durante questa crisi, solo risorse esterne (e non le sole risorse psicologiche interne) saranno in grado di mitigare l’associazione disoccupazione-disagio psicologico.
Conclusioni
Gli autori giungono dunque ad una conclusione:
Conformemente agli obiettivi di sviluppo sostenibile formulati dall’ONU per promuovere la salute mentale attraverso la prevenzione e il trattamento, le risposte del governo dovrebbero essere mirate agli effetti emotivi di questa pandemia (2).
Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto sviluppando ed estendendo adeguati servizi pubblici e sovvenzionati, come consulenza online gratuita, gruppi di supporto online e call center che forniranno assistenza per la salute mentale e indirizzeranno i richiedenti ai servizi di comunità disponibili quando necessario. Uno degli obiettivi principali di tali interventi, come abbiamo indicato in precedenza, dovrebbe essere quello di alleviare la solitudine. Questi interventi dovrebbero essere diretti ai giovani, e in particolare a coloro che hanno perso il lavoro. Considerando che gli obiettivi delle Nazioni Unite si riferiscono principalmente alla salute fisica, in generale e in particolare a seguito della pandemia, gli studiosi ritengono che la questione della promozione della salute mentale richieda una risposta uguale in ambito locale e globale.
La diminuzione della povertà, in generale e sulla scia della pandemia, è il primo obiettivo dei prossimi 10 anni come definito dall’ONU. Per ridurre le conseguenze della tensione finanziaria e della privazione sono essenziali ulteriori sforzi pubblici per garantire aiuti finanziari ai disoccupati, attraverso i programmi di sicurezza sociale esistenti (indennità di disoccupazione e regimi di sostegno al reddito) e misure mirate ai lavoratori autonomi le cui imprese sono state danneggiate. Tali misure, sebbene in misura variabile, sono già state applicate in molti paesi, come in Israele, ma vista la durata prevista di questa crisi economica, è necessario un sostegno aggiuntivo.
Infine, viene suggerito di sviluppare interventi per rafforzare le risorse psicologiche, la fiducia, il senso di padronanza e l’ottimismo dei giovani, poiché tutti si sono rivelati importanti per diminuire il disagio psicologico. È possibile ottenere una maggiore fiducia percepita fornendo agli individui l’opportunità di essere ascoltati e di riconoscere i propri pensieri e sentimenti. Poiché la fiducia si basa sulla sensazione che le persone possano fare affidamento sull’aiuto degli altri nei momenti di bisogno, sembrerebbe che il sostegno fornito durante questa crisi dai servizi di salute mentale e sociale possa contribuire a migliorare la fiducia. Ma non solo: a mio avviso l’ascolto e la solidarietà dovrebbero essere incentivati tra di noi, come indirizzo collettivo di comunità. Iniziamo a dare l’esempio se abbiamo un lavoro, e prestiamo una mano a chi non ce l’ha. La speranza e la forza della collettività sono le uniche vere risorse che possiamo coltivare in autonomo in questo momento, tutti e per tutti.
Fonti:
(1) Achdut N, Refaeli T. Unemployment and Psychological Distress among Young People during the COVID-19 Pandemic: Psychological Resources and Risk Factors. Int J Environ Res Public Health. 2020 Sep 30;17(19):7163. doi: 10.3390/ijerph17197163. PMID: 33007892; PMCID: PMC7579061.
(2) United Nations. The Sustainable Development Goals: Our Framework for COVID-19 Recovery. Available online: https://www.un.org/sustainabledevelopment/sdgs-framework-for-covid-19-recovery/ (accessed on 19 August 2020).
Per contattarmi:
Per ricevere aggiornamenti sulle risorse e sui miei articoli:
Ringrazio gli Autori di questo articolo, perchè affrontano, con molta chiarezza, un tema che, spesso, non viene preso in considerazione.
Ascoltiamo tutti i giorni le profezie di virologi, presunti scienziati, riferite agli aspetti medici della pandemia, ma ben pochi si ricordano che, anche la salute mentale, deve essere curata. Ora si parla tanto del vaccino che guarirà l’umanità intera dal Covid, e poi cosa accadrà?
Le macerie lasciate dalla Pandemia, la ricostruzione di sistemi sociali ed economici, sarà complessa, e non esistono vaccini per risolvere una “patologia”, di tale portata. Già oggi sono moltissimi i casi di persone vittime di forme di depressione, disperazione, isolamento sociale, paura del futuro. Io penso ad una rete sociale che sia di riferimento per coloro che soffrono, che hanno bisogno di aiuto, ma nè le istituzioni, nè altri organismi si preoccupano di questo aspetto.
Parto da un principio ineludibile : ” Dal momento della nascita i nostri genitori di prendono cura di noi e, con il volgere degli anni, quando diventiamo vecchi, oppure ci ammaliamo, c’è sempre qualcuno che si occupa di noi, dei nostri bisogni, delle nostre fragilità. Ne consegue che per l’intera esistenza abbiamo bisogno degli altri. Non possiamo dimenticarci di questo principio, così essenziale per la vita di ogni creatura. E non si tratta soltanto di belle parole, ispirate a una retorica spicciola. Occorre incontrare tanto amore, un sentimento che si pone al centro della vita di ogni essere umano. Questo è il vaccino per affrontare e superare, in un futuro che, in parte è già realtà, problemi e prove terribili”. Quali il disagio sociale, la mancanza di prospettive di lavoro, la solitudine.
” Desideriamo essere capiti, perchè desideriamo essere amati, e desideriamo essere amati, perchè amiamo”.
Parole di Marcel Proust ( Alla ricerca del tempo perduto). Da oggi dobbiamo ritrovare il tempo perduto, tutti insieme.
Loris Mauro
"Mi piace""Mi piace"
Grazie per le splendide e costruttive parole Loris. Preziosissime.
"Mi piace""Mi piace"