Un'”esplosione di speranza”: il Social Business

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Ne hanno parlato in molti dagli anni 90 ai primi del 2000, ne hanno ri-parlato dopo l’uscita del libro del Nobel Muhammad Yunus: “A world of Three Zeros” (1), e ne stanno ora comprendendo l’importanza sempre più persone, anche lontane dalla cultura di appartenenza di Yunus ma vicine al concetto di economia sociale (che potrebbe salvarci dalla disfatta).

Il Social Business è la forma di business avviata da Yunus per far fronte alla povertà del Bangladesh incentivando l’imprenditoria locale. Si tratta di un’iniziativa che ha avuto enorme diffusione (e continua ad averla) basta su una logica pressoché dimenticata: quella della fiducia.

Spero che i lettori non si siano già scoraggiati. La fiducia è un sentimento che ancora esiste e che può sorprendere, e se continuerete a leggere scoprirete qualche elemento in più.

Si parte da un presupposto:

Secondo la confederazione internazionale Oxfam, solo tre anni fa i super ricchi del nostro mondo – ovvero coloro che possiedono una ricchezza superiore a quella che complessivamente possiedono 3,6 miliardi di persone – erano 8. Non 8 organizzazioni: 8 persone.

Nel 2016, durante la sua campagna per la presidenza, il senatore Bernie Sanders aveva messo in luce che lo 0,1% degli americani possiede la ricchezza del 90% dei più poveri, dato confermato dal National Bureau of Economic Research.

Ecco perché Yunus ha deciso di rivolgersi alle persone vere – che chiama Real Person – e non a chi porta avanti il capitalismo: “le persone reali” scrive Yunus, contrariamente ai molti che corrono per arrivare primi sul podio dell’accumulo di ricchezza, “sono caratterizzate da molte qualità”:

  • Le persone vere a volte sono egoiste, ma altrettanto spesso sono premurose, fiduciose e altruiste.
  • Amano e godono delle relazioni con altri esseri umani.
  • Non lavorano solo per loro stesse, ma anche per il beneficio di altri: per migliorare la società, per proteggere l’ambiente e per contribuire a portare più gioia, bellezza e amore nel mondo.

Dalla teoria alla pratica: Yunus ha creato nel 1983 la Grameen Bank in Bangladesh, una banca che offriva ed offre microcrediti basati sulla fiducia e che è stato uno dei motivi per cui ha vinto il premio Nobel per la Pace nel 2006. Nessuna firma, nessuna carta, nessuna garanzia, nessun tasso di interesse. La banca di Yunus ha prestato soldi, e lo fa ancora, alle donne povere che avevano un’idea per creare una piccola impresa, per tirare su qualche piccola forma di guadagno per le loro famiglie e per far lavorare altri. Gli investitori che hanno fornito il capitale per avviare le attività hanno potuto recuperare i loro investimenti iniziali, ma niente di più.

La banca di Yunus ha prestato denaro a oltre 9 milioni di donne povere, con un tasso di ritorno del 98,96%! E ha dimostrato che le Real Person sono molto diverse dagli squali dell’imprenditoria a cui siamo abituati a pensare.

“A new way of thinking is needed.”

Il motore economico ridisegnato dal Social Business ha tre elementi fondamentali

  1. In primo luogo, dobbiamo abbracciare il concetto di impresa sociale, una nuova forma di impresa basata sulla virtù umana dell’altruismo.
  2. In secondo luogo, dobbiamo sostituire il presupposto che gli esseri umani siano in cerca di lavoro con il nuovo presupposto che gli esseri umani siano imprenditori.
  3. Terzo, dobbiamo ridisegnare l’intero sistema finanziario per farlo funzionare in modo efficiente per le persone in fondo alla scala economica.

Lo sforzo richiesto è quello di rivedere la propria mentalità, necessaria per ridisegnare il quadro economico della nostra società passando da un sistema guidato esclusivamente da interessi personali a un sistema in cui gli interessi personali e collettivi sono riconosciuti, promossi e celebrati in prospettiva sistemica.

“Ognuno ha una capacità intrinseca ad essere imprenditore”

In accordo con decenni di storia di psicologia umanistica, oltre che in base ai fatti provenienti dall’impresa di Yunus, dobbiamo sostituire il presupposto che le persone siano per natura egoiste – e che quindi l’egoismo sia la forza trainante centrale dietro tutto il progresso economico – con il nuovo assunto che le persone siano sia egoiste che altruiste, e che entrambe le motivazioni possono essere applicate all’attività economica.

In secondo luogo, dobbiamo sostituire il presupposto che quasi tutte le persone sono nate per trascorrere la vita lavorando per altre persone, con il nuovo presupposto che tutte le persone sono nate imprenditrici, piene di capacità creative illimitate.

Lo dimostra Golden Bees, un progetto imprenditoriale in Uganda che ha creato una rete di 1200 contadini che producono miele, e lo fanno ormai per tutto il mondo, e le migliaia di micro-aziende nate grazie a questa forma di avvio iniziale.

Il mondo nelle mani dei giovani

Nel 2016 gli esperti della Harvard University hanno condotto un’indagine dalla quale è emersa un dato molto interessante: il 42% si è dichiarato favorevole al capitalismo, mentre il 51% non lo appoggiava affatto.

In accordo con Yunus e da recenti indagini che io stessa ho analizzato in ambito marketing, possiamo affermare che è comune nei giovani di oggi una maggiore disponibilità ad essere utili agli altri rispetto alle generazioni precedenti. Stanno cercando modalità per rendersi utili al mondo ed inseguendo un senso, un significato, una posizione in questo mondo che non sia quella di un consumatore affondato su una poltrona mentre fa zapping e acquista su Amazon (e che durante il giorno lavora per i centri di smistamento).

Per i nativi digitali, come per tutti noi, la tecnologia può fare miracoli per lo sviluppo di nuove imprese e forme di business. Ma dobbiamo ricordare a noi stessi che la tecnologia non ha una mente propria. La tecnologia è uno strumento progettato per uno scopo e quello scopo origina dagli esseri umani. “Decidiamo gli scopi per i quali progettiamo la tecnologia e decidiamo come adattarla per altri scopi”, scrive Yunus, riprendendo la morale della favola affrontata in un recente articolo dedicato proprio al famoso dilemma inerente ai social network.

La sfida è mettere in pratica questa comprensione: stabilire sistemi economici, politici e sociali che onorino costantemente i principi di libertà, giustizia e integrità e liberare così il potenziale di creatività e crescita tra le persone di ogni settore dell’umanità.
Come tutte le grandi sfide, anche questa sarà difficile da raggiungere. Ci vorranno saggezza, disciplina, altruismo e coraggio. Ma nessuna sfida che affronteremo come specie nel prossimo mezzo secolo è più importante di questa. Un buon governo è essenziale indipendentemente da ciò che vogliamo ottenere per portare avanti la nostra società “.

Dunque, in un mondo che sembra creare ogni giorno notizie sempre più deprimenti, in cui nessuno sembra d’accordo su nulla, dove spesso prevale la voce che appare più altisonante e dove la società sembra essersi divisa a causa di interessi contro i diritti fondamentali, possiamo creare “un’esplosione di speranza“, come la definisce Yunus, “dimostrando che l’indomabile spirito umano non deve mai cedere alla frustrazione e alla disperazione.” Non dobbiamo dimenticare che lo scopo della vita umana su questo pianeta non è solo quello di sopravvivere, ma di vivere un’esistenza valevole di essere vissuta, ricca di bellezza e felicità. Tocca a noi, e ci tocca ogni giorno: quando dobbiamo compiere una scelta, quando ci sentiamo sopraffatti, quando ci insegue un’idea, quando riaffiorano i sogni di quando eravamo idealisti e quando abbiamo l’opportunità di entrare in relazione con persone che, oltre a lavorare, sanno ancora mantenere alto il valore della dignità e dei rapporti umani.

Il benessere individuale non soddisfa e non si mantiene nel tempo se non porta benessere ad altri, o se per accrescere deve distruggere o sfruttare. Ma la natura, questo, ce lo insegna ogni giorno, basta saperla ascoltare. Mettiamoci in opera!

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(1) I tre zero sono riferiti a 1) zero povertà, 2) zero disoccupazione, 3) zero inquinamento. In italiano si trova edito da Feltrinelli con il titolo “Un mondo a tre zeri”.

Pubblicato da Silvia Salese

Psicologa | Clinica, formazione e docenza - www.silviasalese.com

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