Complottista: la nascita di un bavaglio – di Silvia Salese e Luca Bertolotti

La comunicazione è una vera e propria scienza: la sua conoscenza rende possibile indurre, attraverso specifiche tecniche, degli specifici effetti. Questo fa della comunicazione un’arma interessante quando devono essere psicologicamente inoculate nelle persone delle impressioni che si tramutino in idee e prese di posizione. Una delle ultime trovate per mettere a tacere ogni tipo di domanda scomoda, ovvero non appartenente ai consensi dominanti, si chiama “complottismo”. Vediamo come è nato e su cosa si regge.

A cosa ti servirà la lettura di questo articolo?

  • Ad aggiornarti sulla nascita di concetti dati per scontato
  • A motivarti a fare attenzione su come agiscono questi principi principalmente dentro di te
  • A riconoscere gli elementi di “debolezza” su cui si fonda la manipolazione
  • Ad acquisire, se osserverai la loro azione sui tuoi pensieri, qualche tacca di libertà in più
  • Ad approfondire ulteriormente la scienza della comunicazione e della manipolazione grazie alla bibliografia essenziale indicata a fondo dell’articolo

Dagli slogan di Regan alla morte di Kennedy: la nascita di un bavaglio

Alle persone – come a vari gruppi di persone (istituzioni, media, partiti politici…) – occorre spesso fornire un capro espiatorio moralmente disdicevole verso il quale indirizzare tensioni che spesso non possono sfogare con la fonte diretta di chi, o cosa, le ha provocate. Ecco che oggi il “complottista” ben si addice ad espletare questa funzione.

Dal livello politico a quello commerciale, sappiamo che gli strumenti che vengono utilizzati per ottenere consenso popolare devono curare molto bene le argomentazioni, renderle razionali e documentarle per convincere la mente. Si devono infatti persuadere le persone che determinate idee non siano certo il frutto di una manipolazione o di una visione soggettiva, ma che siano la verità, indissolubile e insindacabile, e quindi lucide ed oggettive. Per trasformare un messaggio in modo che sembri credibile, occorre creare non certo argomentazioni che interessino le nostre aree corticali, responsabili dell’elaborazione delle informazioni e dell’intelligenza logico-matematica, ma quelle emozionali.

Strumento determinanti in tal senso sono infatti le suggestioni emotive, offerte in modo tale da permettere loro di andare ad imprimersi e a convincere parti profonde della nostra psiche. Ma come si fa? Ecco due semplici principi che ci condurranno al nostro nuovo capro espiatorio, il complottista appunto.

1 – Poche parole sono meglio di tante. I discorsi lunghi e articolati non sono sufficienti a raggiungere un pubblico ampio. Il cittadino medio è sempre distratto e forma le proprio opinioni in modo frammentato e occasionale. Occorre condensare tutto in un semplice slogan, che rimane impresso nella memoria e sintetizza bene un’idea o un argomento. Ad esempio Reagan definiva la Russia “Impero del Male”, un concetto semplice che si porta dietro un’enciclopedia di idee (negative) su un intero Stato.

2 – Altro aspetto molto utilizzato è l’offerta dell’idea di avere solo certezze e nessun dubbio attraverso il ripetere, ripetere, ripetere… Questa strategia, anche a costo di essere noiosi e ripetitivi, rassicura le persone e imprime il concetto in profondità. Inoltre, il ripetere continuamente un concetto falso o vero solo in parte, lo rende vero. Più il concetto è semplice e stereotipato meglio è.

E veniamo dunque a noi. Il termine complottismo ha offerto storicamente entrambi i principi. Esso fu inventato dalla CIA ai tempi dell’omicidio di Kennedy, quando tempo dopo l’archiviazione del caso emersero molti fatti che contraddicevano la versione ufficiale. Si veda a tal proposito l’articolo di Stefano Dalla Casa su Wired.it: Storia e insegnamenti di una teoria del complotto diventata mainstream

Screditando ripetutamente le accuse con tale termine, in modo sorprendente, non si rese neanche necessario riprendere in esame i fatti davanti all’opinione pubblica. Da allora è diventato un metodo: quando vuoi screditare qualcuno senza confrontarti sulla questione, accusalo di complottismo. Colpendo direttamente l’autorevolezza di chi critica, le sue idee vengono subito delegittimate e diventa quindi secondario il fatto che le accuse siano reali o infondate.

Per far assimilare più velocemente un messaggio, si utilizza l’ipersemplificazione, banalizzando all’estremo un concetto, dualizzando gli estremi. Ad esempio: A è bianco ed è un bene, B è nero ed è un male. Le sfumature non servono. Un altro esempio: le nuove tecnologie sono il progresso, chi dice che possono essere pericolose è delirante ed egoista. Fine dei giochi.

Si riesce a far leva su concetti semplici come quello del complotto attraverso semplici artifici. Ad esempio appellandosi ai valori condivisi e al senso comune, come il patriottismo, l’amore per la famiglia, il matrimonio, l’uguaglianza, la fratellanza, la pace, la difesa della libertà. I fatti non interessano: quello che conta nella comunicazione di massa è l’impressione indotta.

Come ben scrive Wired:

“I complotti veri esistono, ovviamente, ma quando si guarda il mondo attraverso le lenti del complottismo, l’ostilità verso il presunto cospiratore – ritenuto capace di qualsiasi cosa – diventa più importante dei fatti.”

Wired | Stefano Dalla Casa – Storia e insegnamenti di una teoria del complotto diventata mainstream

Altrettanto molto utile è rimanere il più possibile sul vago. Tanto più il concetto è stereotipato e generalizzato, magari supportato da immagini o video convincenti, tanto più penetra in profondità, dove ognuno associa il proprio personale desiderio di cambiamento a quello generalizzato proposto.

Pensiamo ad esempio alla campagna elettorale di Barack Obama. Obama ha influenzato tutto il mondo – il famoso effetto Obama – fino ad essere decantato come nuovo messia. L’abilità dei suoi consulenti di comunicazione, è stata quella di riuscire a colmare un programma politico senza contenuti attraverso norme formali incisive e abilmente vaghe. Obama ha infatti conquistato le menti e i cuori con il semplice slogan: Yes We Can.

Inoltre, nei suoi discorsi spesso privi di contenuto, faceva di frequente delle brevi pause in modo anche teatrale, in modo che la mente delle persone potesse inconsciamente riempire gli spazi semantici lasciati vuoti con materiali propri, finendo con il proiettare il significato che preferisce. I risultati non si sono fatti attendere.

Conclusioni: il complottista oggi

Ci troviamo in uno dei momenti esplicitamente più difficili della storia. Attorno a grandi tematiche (pandemie, vaccini, nuove tecnologie, manovre economiche, alleanze politiche), mulinano idee di ogni sorta.

Qualche mese fa un notissimo influencer su LinkedIn, famoso perché normalmente pubblica storie di persone buone e caritatevoli che compiono azioni altruiste o che mostrano una sensibilità commovente, ha pubblicato un post decisamente inconsueto. Nel post ha mostrato un breve video di una donna sul palcoscenico che, durante una manifestazione, aveva detto una serie di ingenuità sulla pericolosità del 5G. L’effetto è stato immediato: i commenti, spietati, hanno definito la donna come una complottista, e con lei tutti quelli che si fanno semplicemente delle domande su una tecnologia nei fatti non ancora sperimentata e sulla quale ci sono interessi enormi da parte delle compagnie telefoniche (l’influencer di cui vi stiamo parlando lavora per una di queste). Di fatto, l’immagine di una persona (effettivamente ingenua) è stata strumentalizzata per definire un argomento generale. Ne avevamo brevemente parlato qui.

Accadimenti del genere avvengono tutti i giorni, e di fatto assistiamo oggi alla creazione di un bavaglio (o di una mascherina, come preferite) davvero potente: l’etichetta del complottista rischia di mette a tacere dubbi, domande, richieste di approfondimento come mai fino ad ora. Molte persone infatti, intimorite dal pericolo di essere definite complottiste, se ne stanno zitte e chiudono in soffitta i loro punti interrogativi, adottando in modo sicuro le visioni dominanti e attendendo passivamente che le decisioni vengono prese. Il risultato psicologico è quello di fortificare ulteriormente dentro di sé le convinzioni adottate per comodità, al fine di diminuire la dissonanza indotta dalle vocine che si sentono arrivare dalla soffitta, fino a metterle a tacere definitivamente.

Un consiglio dunque, prima dei saluti. Coltiviamo il dubbio e informiamoci da fonti autorevoli. Se siamo tra quelli che non si fanno zittire, resistiamo rimanendo ancorati ai fatti. La constatazione dei fatti è una boa nel vasto mare della manipolazione di massa. Prima o dopo, ci salverà.

Bibliografia sul tema:

Come difendersi dai media. Gli effetti indesiderati di giornali, radio, TV e internet, Enrico Cheli, La Lepre Edizioni, 2011.
Fake News. Come il potere controlla i media e fabbrica l’informazione per ottenere il consenso, Enrica Perucchietti, Arianna Editrice, 2018.
Gli stregoni della notizia. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi, Marcello Foa, Guerini e Associati, 2018
Il codice nascosto. Perché viviamo, compriamo, amiamo, e perché lo facciamo in questo modo, Clotaire Rapaille, Nuovi Mondi Media, 2006.
Il fondamentalismo hollywoodista. Viaggio in Iran alla scoperta dell’invisibile ideologia
dell’Occidente, Roberto Quaglia, Amazon, 2019.
La fabbrica del consenso. La politica e i mass media, Noam Chomsky e Edward S. Herman, Il Saggiatore, 2014.
La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea, Valdimiro Giacché, DeriveApprodi, 2011.
Le dieci leggi del potere. Requiem per il sogno americano, Noam Chomsky, Ponte delle Grazie, 2017.
Liberi di crederci. Informazione, internet e post-verità, Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini, Codice, 2018.
Mind Time. Il fattore temporale nella coscienza, Benjamin Libet, Raffaello Cortina Editore, 2007.
Neuroschiavi. Tecniche e psicopatologia della manipolazione politica, economica e religiosa, Marco della Luna e Paolo Cioni, Macroedizioni, 2016.
Propaganda. L’arte di manipolare l’opinione pubblica, Edward L. Bernays, Piano B, 2018.
Tutto quello che sai è falso. Manuale dei segreti e delle bugie, autori vari, Nuovi Mondi, 2012.

Pubblicato da Silvia Salese

Psicologa | Clinica, formazione e docenza - www.silviasalese.com

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